SCIA edilizia: quando il Comune può annullarla anche dopo i 12 mesi
Negli ultimi mesi una pronuncia del Consiglio di Stato (sentenza n. 6891 del 4 agosto 2025) ha fatto molto discutere nel campo dell’edilizia e dell’urbanistica: la SCIA edilizia può essere annullata anche dopo i 12 mesi previsti dalla legge, se sussistono condizioni particolari. Andiamo a vedere cosa significa concretamente, perché è importante per chi fa interventi edilizi in comuni come Roma, Milano, Napoli (e in tutta Italia), e quali sono le previsioni normative e giurisprudenziali utili.
Cosa dice la normativa: art. 21-nonies L. 241/1990
- La Legge 241/1990, all’articolo 21-nonies, stabilisce che l’amministrazione può annullare d’ufficio un atto (anche un titolo edilizio come la SCIA) entro 12 mesi dalla sua adozione, se emergono vizi che lo rendono illegittimo.
- Però, il comma 2-bis dello stesso articolo introduce una deroga: in presenza di false dichiarazioni, falsi certificati, atti notarili falsi o condotte costituenti reato, il termine può essere superato.
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La sentenza del Consiglio di Stato n. 6891/2025
Cosa è successo nel caso concreto:
- Un privato presentò una SCIA per manutenzione straordinaria; con il tempo, il Comune scoprì che nella documentazione grafica c’era una seconda scala interna non dichiarata nelle relazioni tecniche, e senza collaudo statico.
- L’atto amministrativo di annullamento è intervenuto oltre dieci anni dopo la presentazione della SCIA. Il privato ha contestato che il termine di 12 mesi fosse ormai scaduto.
- Il Consiglio di Stato ha dato ragione all’amministrazione: la SCIA poteva essere annullata, nonostante il superamento del termine, perché il privato aveva omesso informazioni rilevanti; la falsità o omissione aveva portato l’amministrazione a una percezione erronea della realtà, impedendo controlli statici che avrebbero potuto rilevare il rischio.
Quando il termine di 12 mesi non è un limite assoluto
In base a questa e ad altre pronunce, il limite dei 12 mesi può non operare nei casi in cui:
- False dichiarazioni o omissioni rilevanti da parte del richiedente della SCIA, tali da alterare la percezione della realtà da parte del Comune.
- Le omissioni o falsità non sono emerse immediatamente, ma sono rintracciabili dagli atti (planimetrie, relazioni, etc.).
- Esistenza di un potenziale rischio per l’interesse pubblico, come la sicurezza strutturale o la tutela dell’incolumità.
- Se la condotta del privato sia stata tale da indurre in errore o da occultare aspetti fondamentali.
Se invece il richiedente è in buona fede, oppure le omissioni non sono di entità tale da incidere sui presupposti di legalità del titolo, dopo 12 mesi spesso l’atto diventa, per così dire, consolidato rispetto alle contestazioni amministrative. Questo perché la legge tutela anche il principio del legittimo affidamento del cittadino.
Implicazioni pratiche (soprattutto a livello locale)
Per cittadini, professionisti (geometri, architetti, ingegneri) e imprese edilizie nei Comuni, è importante tenere presente:
- Se stai preparando una SCIA, evita omissioni anche involontarie: relazioni tecniche, disegni, certificazioni devono essere coerenti e complete.
- Mantieni traccia di tutte le documentazioni (planimetrie, collaudi, relazioni, comunicazioni con il Comune).
- Se il Comune scopre irregolarità anche dopo anni, può avviare un procedimento di autotutela per l’annullamento, soprattutto se c’è rischio per la sicurezza.
- Verifica se la zona è soggetta a vincoli particolari (paesaggistici, ambientali, strutturali): le omissioni in queste aree possono avere conseguenze più gravi.
- È opportuno che i Comuni abbiano procedure interne tempestive di verifica delle SCIA: controlli entro 30 giorni (quando previsti) e attenzione alle relazioni tecniche.
Punti critici e limiti
- Il privato ha diritto a difendersi: non sempre è semplice dimostrare la falsità o l’omissione, specialmente dopo molti anni.
- Serve che le prove siano chiare: spesso la giurisprudenza richiede che l’errore o la falsa rappresentazione sia accertabile con atti certi.
- Il principio della certezza del diritto: dopo un certo periodo, il cittadino può fare affidamento che il titolo possa rimanere valido, salvo casi di dolo o frode.
Conclusione
La sentenza del Consiglio di Stato n. 6891/2025 chiarisce che il termine di 12 mesi non è rigido, ma che può essere superato ogniqualvolta emergano false dichiarazioni, omissioni gravi o rappresentazioni ingannevoli che hanno impedito all’amministrazione di verificare la legalità dell’intervento edilizio.
Per chi opera nel settore edilizio, in Comuni italiani (Roma, Milano, Firenze, etc.), questo significa essere rigorosi nella dichiarazione dei fatti, nei progetti e nelle relazioni tecniche: ogni elemento omesso o falsamente rappresentato può esporre a rischi non solo amministrativi ma anche penali, oltre che a sanzioni, demolizioni o obblighi di regolarizzazione.
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